"Sono come i gatti di pelo rosso, se attraverso la strada e mi puntano gli abbaglianti, torno indietro, non finisco di attraversare... E' cosi che muoiono tutti i gatti col pelo rosso", mi dice Gaspare dopo aver finito la seconda birra. Non ho capito bene cosa intende, se parla di donne, di calcio o di qualche altra cosa della vita che dovrei aver capito. Non ho fatto domande, non ho puntato gli abbaglianti (non mi permetterei mai), stasera non c'è da finire sotto le gomme. Gaspare allena ancora, la sua barba rossa ha perso colore, i peli bianchi però sono in rivolta, sono scesi in faccia a dimostrare, puntano dritti in cielo. Assomiglia sempre di più ad un gattone di pelo rosso che attraversa la strada perché ha visto l'entrata libera di una favola.
Gioca sempre col doppio centravanti che è diverso da giocare con due punte, lo chiama ancora centravanti di movimento quello che si muove in quello spazio finito e infinito che sta tra il cerchio di centrocampo e la bandierina del calcio d'angolo. Il ragazzino di colore che ha messo in quel ruolo si chiama Malik, non si ricorda da quale paese viene, sa solo che vuol dire angelo. A sinistra fa giocare Alex perché Alex ha due piedi sinistri. Quando gioca in attacco è fantastico, non lo fermano mai, ma quando deve rientrare non riesce a correre all'indietro, non trova punti di riferimento. Kevin è albanese, abbiamo scoperto che non può sentir piangere i bambini. Se in tribuna c'è qualcuno che ha preso una bizza o un neonato che piange per la fame si blocca, si appoggia alla rete e boccheggia come un pesce appena slamato. Sulla schiena ha delle cicatrici corte e lucide come il negativo di una tigre; noi non parliamo la sua lingua. In porta c'è Zeropoppe Monica, la ragazzina, ma questo è il nostro segreto, capelli biondi lunghi fino alla spalla, si è lasciata persino gli orecchini tanto non se ne accorge nessuno, non fa la doccia con gli altri. C'è il biondo che gioca in mezzo, in mezzo e basta, senza aggiungere altro. Biondo vai in Mezzo. In mezzo all'universo come in mezzo al campo non c'è differenza, l'equilibrio non cambia. Il biondo non capisce quando gli si dice di giocare alla Vananeghen, nessuno parla più la nostra lingua Gaspare.
"Lo sanno che eri un prete?", gli chiedo mentre ordina la terza birra.
"Mi sono fatto perdonare anche questa."
Vedo i suoi occhi dietro la barriera dei bicchieri mentre la finisce di sistemare come un estremo difensore impaurito. Servirebbe una battuta spiritosa con l'effetto, alzare un un ponte levatoio per tenere prigionieri tutti gli orchi nel castello, freni buoni.
su continua il primo capitolo
RispondiEliminagià era ottimo il primo capitolo, questo mi piace assai, fosse ancora così il calcio
RispondiEliminaChe dire Giardy...un Inno Mondiale all'euguaglianza
RispondiEliminacontro la fame
contro la diversità
contro la pedofilia
contro ogni partita sleale!
Che dirti Giardy....m'hai commossa :)
Elisena
Grandioso come sempre!
RispondiEliminaSono curiosa del seguito
adoro i tuoi dialoghi spampanati e pieni di sentimento e ricordi mai sdolcinati. miao
RispondiEliminaTUTTI O NESSUNO
RispondiEliminaAvrebbe voluto salvarli tutti ma, era ben conscio che, seppur fosse riuscito a liberare anche uno solo, dal castello degli orchi, sarebbe stata già di fatto una bella impresa.
Tutti o nessuno.
Continuava a ripetere nella sua testa.
Non avrebbe mai retto allo sguardo interrogativo, e solitario, di quell'unico superstite, con quelle domande a cui mai avrebbe saputo rispondere.
Perchè proprio io?
Perchè solo io?
Ecco perchè s'accingeva a volerli liberare tutti.
Tutti o nessuno.
L'armamentario bellico gli opprimeva le spalle mentre tentava la scalata alla parete liscia del castello.
Era notte.
Dormivano i piccoli, prigionieri dei loro incubi, mentre gli orchi pattugliavano con gli occhi sporgenti fissi il buio e le dita ruvide incollate al grilletto.
Tutti o nessuno.
E la morte, in caso di fallimento, sarà pur sempre per loro una liberazione.
Avrebbe voluto che fosse, però, quella morte senza dolore, come quella che subiscono gli angeli.
Una morte/gioco, dove poi, per tutto il resto dell'eternità, ci si può immaginare di vivere una esistenza come Cristo comanda. Una vita dove gli orchi sono seppelliti nel sottosuolo e lì rimarranno per sempre, anche quando avverrà il giorno del giudizio e resusciteranno i morti, a loro questo non verrà concesso. Una morte definitiva e senza possibilità di resurrezione.
Tutti o nessuno.
E lui sarebbe vissuto, o morto, con i piccoli prigionieri, perchè gli eroi veri si sentono responsabili, al pari degli angeli custodi, delle vite che hanno salvato e ne condividono, fino in fondo, il destino.
Il tuo racconto, Antoine, è da bersi d'un fiato.
Il protagonista è un consapevole eroe moderno che si muove sullo sfondo di un dramma senza età.
.......e, gli orchi, esistono davvero, così come i castelli della paura e l'indifferenza del mondo.
Un bacio
Marlene
una volta ti dissi, o forse lo pensai soltanto che Vananeghen era il tuo racconto che preferivo...sono contenta che sia ritornato. baci ady
RispondiEliminaBel racconto ;)
RispondiEliminaCaro Giardi,
RispondiEliminanel grigiore, nella noia e nella monotonia dei tuttologi dei blog italiani, tu voli su tutti come l'Aquila Reale.
PS: è un complimento!
RispondiEliminaBello!
RispondiEliminaUn prete? Bene.
RispondiEliminaUn abbraccione
Non ci avevo mai pensato, è vero, i mici rossi sono meno felini degli altri felini. Faticano a stare nel mezzo e ad accettare l'equilibrio genetico degli altri gatti. Li adoro.
RispondiEliminaPosso dirlo, senza far torto a nessuno..? hai raggiunto la lunaticità del primo Pederiali... quello de Il tersoro del bigatto... Adorabili... Magdalene57
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