era verde il fiore timido che appuntavi sulla giacca, lo sapevi che non è facile con me fare il rosa pallido senza guardarmi. abitavi in una casa gialla in fondo ad una strada bianca, senza luci, i sassi si illuminavano solo quando pioveva e i papaveri non osavano mettersi in fila sul fosso per non stancarti. la tua casa non era segnata da nessuna parte ma c'era qualcosa di te che si vedeva dallo spazio come la grande muraglia cinese. era un posto senza arcobaleni ma solo perché quando fanno troppa strada gli arcobaleni si vedono solo sei sotto la pancia dell'indaco. quando vincemmo la guerra con le nuvole, la pace durò un violetto o forse due, poi il bianco con la classica manovra a tenaglia ti portò lontano da me. o forse sono io quello prigioniero, tu hai ancora la tua divisa rossa come il primo maggio sul calendario : non sei certo una domenica qualunque.
sono il prigioniero che non torturano più solo perché mi manchi, ho confessato tutto in turchese chiaro
Mi hai fatto venire in mente i vicolo degli alchimisti di Praga, una viuzza piena di casette dai colori pastello, oguna diversa dall'altra, oguna coi suoi abitanti, oguno con la propria storia.
RispondiEliminae se ne fanno poca?
RispondiEliminaci sono assenze che sono torture e poeti che dipingono con le parole
starei a giocare con la tabella interattiva per chilometri di arcobaleni
mi serviva oggi la tua tavolozza *
RispondiEliminaLe confessioni rendono liberi (a volte).
RispondiEliminaBacio
una carrellata di colori tenui, quelli forti e decisi oggi non vanno nemmeno a me.
RispondiEliminail bianco mi inquieta ....
RispondiEliminabello Giardi, posso dire solo questo? bello
RispondiEliminaSandra
Lo sai che ho sempre odiato gli arcobaleni? Mi sanno di tutto e di niente, di chi non sa o non osa scegliere un colore e li indossa tutti e tutti insieme. Ribacio.
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