lunedì 20 maggio 2013

Il forigioco spiegato alle mi' figliole



 
Di sicuro il calcio è uno sport crudele, spietato, pensate a come hanno fatto presto a liberarsi dello stopper e del libero che per anni hanno affollato le pagine dei giornali sportivi. Non sono serviti a nulla i Beckenbauer, Krol, Baresi e Scirea; ora sono tutti centrali che fanno la diagonale, in linea come le tende del bagno.
Una delle prime vittime fu il centrattacco, ma quello era figlio unico, un orfano di guerra che non voleva bene a nessuno. Ma ditemi chi non si è mai innamorato del fluidificante di destra, quel ruolo sì che ispirava affetto, certo non era solo tattica, era quasi amore. 
Che brutta storia poi quella del terzino d'attacco, quello che giocava solo a sinistra (altri tempi, altra sinistra), col numero tre sulla maglia, a testimonianza di quella perfezione incompiuta tipica dei mancini. E che fine ha fatto poi il mediano metodista, che detto così sembra un ordine di frati produttori di birra, non se n'è visto più uno dai tempi di Paulo Roberto.
Per continuare poi col centravanti di manovra, quel giocatore per il quale avrebbero dovuto stampare sulla schiena il 9 e 1/2; troppo bravo per giocare solo di punta e appena un po' scarso per diventare un 10 (ma non dite mezz'ala, per carità).
 
La nostra squadra se lo poteva permettere un centravanti di manovra, si chiamava Valerio. Valerio aveva il fisico di un'ingannevole onestà: i capelli erano di un biondo da bello di holliwood ma stavano sopra una faccia tonda senza zigomi da roditore di kitkat. I piedi erano piccoli da fatina buona con la palla di cuoio, ma sopra orbitava una pancia dove attraccavano spesso panini con tre fette di mortadella.
 
Valerio stazionava costanemente all'interno del cerchio di centrocampo, appena prima della linea mediana, quel posto che è assurdo definire un'isola perché non lo sarà mai veramente. Non ci provo nemmeno a spiegarvi cos'è, ma fidatemi di me, in quel posto lì non è mai fuorigico. Faceva meno di dieci scatti a partita, era l'uomo dell'ultimo passaggio, in tasca teneva sempre dei pezzi di pane ma non mangiava mai in campo e odiava gli uccelli. Tirava i rigori con un occhio chiuso, gli pareva più leale così, e quando la palla entrava in rete stringeva anche l'altro. Era il suo buio, l'unico di cui non avesse paura.
 
Appena poteva, calciava anche la luna e Lei faceva quel movimento che voleva lui, si poteva assistere a quello che gli astronomi definiscono effetto a rientrare. Molto meglio di un eclisse.







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7 commenti:

  1. Devo capirlo anch'io... eppure mio fratello per anni ha giocato a calcio!

    Buon martedì!

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  2. secondo me non ci sono più i ruoli di una volta perché non ci sono più i telecronisti di una volta.
    questo Valerio merita una seconda puntata

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  3. io con i fuorigioco non ci discuto mai, hanno sempre ragione loro.... l'effetto a rientrare....
    Sandra

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  4. l'unico che è rimasto sempre fedele a se stesso è il portiere, con la sua calzamaglia da eroe per distinguersi dagli altri, un ribelle che gioca con le mani invece che con i piedi. uno che è lui contro tutti. un duellante che guarda negli occhi il rigorista, non è un caso che sia uno con scritto uno sulla schiena...

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  5. mi ha fatto tornare indietro di anni!!! :)

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  6. Bravo, ché non c'ho mai capito niente nemmeno io..;-))

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  7. babbo! quest'anno per la mia festa non voglio un gioco, non voglio nemmeno una storia delle tue.
    babbo quest'anno per la mia festa voglio la busta!

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